In un clima letteralmente infuocato, sabato sera al Paladozza si è giocata una delle partite più attese dell’ultimo turno del girone d’andata della LBA 2017/18, che vedeva fronteggiarsi la Virtus Segafredo Bologna, padrona di casa, contro la GrissinBon Reggio Emilia.
Quello che è stato ribattezzato il “derby” della via Emilia (appellativo forse più gradito da parte reggiana che virtussina, visto che a Bologna il Derby con la D maiuscola è solo uno…) è comunque stato accolto con un certo animo da entrambe le tifoserie, con i reggiani intenzionati a risollevarsi dopo una brutta sconfitta rimediata dalla squadra di coach Menetti nella penultima giornata contro Brindisi, mentre in casa virtussina si voleva dimostrare ancora una volta per chi pendessero gli “equilibri regionali”, oltre al fatto che l’ultima partita della sventurata stagione 2015/16 venne giocata dalle V nere proprio sul campo di Reggio Emilia, dove i tifosi reggiani “esultarono” per la retrocessione toccata alla compagine bolognese.
Perciò qualche sassolino nella scarpa da togliersi, unito alla voglia di riscatto dopo la pessima prova della Segafredo nella trasferta di Avellino della settimana prima.
Le premesse quindi erano tutte per un match vivace e sentito da ambo i lati: la Virtus alla ricerca di un’occasione per riscattarsi (per quanto riguardava giocatori e coach) dopo una brutta sconfitta, e stesso discorso per la Reggiana. Sugli spalti invece la voglia di far vedere che non si è inferiori ai “conterranei”, anzi tutt’altro.
Oltre a queste motivazioni, la Virtus era chiamata a vincere per poter accedere alle Final Eight di Coppa Italia, primo obbiettivo stagionale che nessuno in Virtus voleva mancare. Perciò grandi motivazioni ma anche grandi responsabilità derivanti dall’esito di questo match.
La situazione delle due squadre alla vigilia della palla a due non facevano segnalare particolari rilevanti: per la Virtus nessuna defezione (tranne la permanente “mancanza” del 5° giocatore straniero nel roster), per Reggio in realtà c’era la defezione di De Vico, il quale però mancava sulla panchina reggiana già da qualche incontro. In più, importante sottolineare come, nonostante Reggio giochi l’EuroCup ed abbia 6 giocatori stranieri sotto contratto, abbia deciso comunque di adottare in campionato il sistema del 5+5, e quindi “sacrificando” ad ogni partita due stranieri, che si accomodano in tribuna ad osservare i compagni. Mossa che permette alla GrissinBon di partecipare al premio per gli italiani, ma che personalmente ritengo non estremamente producente.
Infatti, proprio legato agli stranieri della squadra biancorossa, va sottolineato il fatto che nel primo quarto il play americano di Reggio, Chris Wright, si sia provocato un infortunio muscolare che lo ha tenuto lontano dal parquet per tutto il resto della partita. Assenza importante ma direi non del tutto fondamentale ai fini del risultato finale, visto come è maturato il successo delle V nere.
Infatti, dopo un primo quarto (o meglio, dopo i primi 5/6 minuti di partita) pessimo, dove la Virtus (complice un po’ di sfortuna) ha tirato con percentuali orripilanti, mentre Reggio Emilia, trascinato da un Manuchar Markoishvili in versione cannoniere (4 triple segnate nel solo primo quarto, 6/8 dalla lunga distanza dopo 20’) e dalla dirompenza sotto canestro sia di Jaylen Reynolds che di Julian Wright aveva toccato pure il + 12 (8-20), per poi avere uno dei classici “black-out” che colpiscono la squadra di Menetti, complice un ritrovato feeling con la partita della Virtus, che vede i padroni di casa riprendersi.
La sveglia alla Segafredo la dà sicuramente Filippo Baldi Rossi, che appena entrato mette una tripla fondamentale da oltre 8 metri e carica anche tutto il palazzo, che nonostante tutta la voglia e la buona volontà, sul 8-20 per gli ospiti si stava già preoccupando leggermente…
Ma il primo quarto, con Markoishvili in stato di grazia, è praticamente a tinte bianco-rosse, e finisce 17-24.
L’inizio del secondo periodo di gioco non è tremendo per la Virtus quanto i primi minuti di partita, ma con il georgiano della GrissinBon che segna da tutti i punti è difficile tenere il ritmo, e si torna a -11 a metà quarto. Mi permetto di fare una piccola nota sull’arbitraggio, che di certo non è stato di parte durante l’incontro, ma che ha avuto il grave difetto di cambiare più volte il metro arbitrale su diversi contatti durante il corso della partita. Cosa che manda abbastanza in confusione i giocatori, tanto che, se nel primo quarto vi erano stati 5 falli tra entrambe le squadre (3-2 V), nei primi 2 minuti del 2° quarto la Virtus se n’era visti sanzionare già 3, su tipi di contatti anche meno gravi di altri visti nei primi 10 minuti.
Comunque, il secondo quarto vede la Virtus entrare sempre più in partita, difendendo meglio di quanto fatto in precedenza e ritrovando confidenza in attacco. Michael Umeh vero protagonista di questo momento della partita per la Virtus, con due triple importantissime e non semplici, oltre che due bei canestri da dentro l’area, innescato bene dai compagni (Lafayette in primis). Ancora un apporto importante di Baldi Rossi, che stavolta non tira da fuori, ma segna due bei canestri da dentro l’area, dimostrando che può essere utile anche da sotto.
Male invece Ale Gentile, che già nel primo quarto aveva sbagliato alcuni dei “suoi tiri”, in più si era preso delle triple che avevano solamente scheggiato i ferri di Piazza Azzarita. Emblematica la zona approntata da coach Menetti per disinnescare Ale Gent, che in effetti ha funzionato alla perfezione nel primo tempo: già alla terza azione difensiva di Reggio dopo la palla a due, i bianco rossi si erano messi a zona, con l’esplicito ordine della panchina di non marcare Gentile quando questo ricevesse fuori dall’arco da 3 punti. Ed infatti più di una volta i reggiani invitano spudoratamente Gentile a tirare dalla lunga, ma il figlio minore di Nando non riesce a punire gli ospiti.
Nel finale del quarto, con la Virtus che era tornata fino al -1, merito anche di una bella tripla di Kenny Lawson, costruita su uno scarico intelligente di Ale Gentile, succede un po’ di tutto: in un’azione un po’ disorganizzata di Reggio, dove Della Valle si era trovato in difficoltà, arriva l’ennesima tripla di Markoishvili (la sesta…) a pochi secondi dalla sirena di fine periodo, Oliver Lafayette riceve, riesce giusto a correre oltre la metà campo ed arrivare a 3 metri dalla linea da tre, e scocca una tripla che entra quasi sulla sirena e fa impazzire i 5000 e passa del Paladozza, che vedono la Virtus andare a riposo sotto solo di uno, 44-45.
Il terzo quarto è un’altra storia, e i due cardini italiani della Virtus tornano in cattedra: infatti se i due che avevano cambiato l’andamento della partita erano stati Umeh e Baldi Rossi, con un grandissimo 2°quarto (a Filippo va dato il merito di essere quel tipo di giocatore che appena viene chiamato in causa sa rispondere presente, anche se spesso questa dote gli viene sottovalutata), nel terzo periodo Aradori e Gentile si rifanno, ed Ale segna 10 punti, quasi tutti sfruttando al meglio il suo fisico straripante (bellissima schiacciata in contropiede con fallo subito, da un Candi bravo in certi momenti, ma anche abulico per lunghi tratti di partita). Pietro Aradori invece sale a 8 punti segnati, tutti con i suoi tiri che ormai sono il marchio di fabbrica del 21.
Ma oltre a loro c’è il costante e fondamentale apporto dato da Marcus Slaughter, che già nel terzo quarto è in odore di doppia-doppia, con 13 punti e 8 rimbalzi (solo per un rimbalzo non la concluderà, per lui 15pt. e 9 rimb. Con una valutazione di 29, migliore della V).
Virtus che sembra veramente un’altra squadra rispetto all’inizio, forse ha studiato bene Reggio, è rimasta con un filo di gas e poi, ripresasi, ha spinto sull’acceleratore, recuperando e andando avanti, chiudendo il quarto 69-59.
Per Reggio davvero troppe palle perse, colpa soprattutto dei suoi due principali “accentratori” di gioco: Amedeo Della Valle, visto decisamente in difficoltà, e assolutamente non incisivo al tiro, e Julian Wright, che oltre a due azioni da vero highlight (un coast-to-coast di un lungo della sua stazza, concluso con una schiacciata “monstre” sui due fratelli Gentile) si è rivelato troppo spesso “mangia palloni” sotto le plance.
Il quarto quarto vede Reggio giocarsi le ultime carte, con un altro tiro difficilissimo di Markoishvili (che chiuderà con 25 punti, 6/10 da 3 e 32 di valutazione), una tripla di Mussini (anche lui non estremamente incisivo, anzi). Le assenze sicuramente sono di James White, solo 4 punti (lontano da quello visto nel suo “prime” in Italia), sia Cervi. Ma almeno il lungo italiano ha l’attenuante di essere appena tornato da un infortunio pesante e probabilmente deve ancora trovare la miglior forma. Reggio comunque torna a -3, ringraziando per due falli generosi su due triple tentate dal solito Manuchar Markoishvili. Poi ci pensano i due playmaker della Virtus, Lafayette e Stefano Gentile, coadiuvati da Slaughter.
Stefano mette la sua prima ed unica tripla in un momento fondamentale, mentre Oliver sfrutta perfettamente il compagno che, dopo aver catturato un rimbalzo lungo, imposta il blocco per l’esterno americano, che esce e segna una tripla pesantissima, che dà la tranquillità alla Virtus.
Proprio Slaughter inchioda una schiacciata e ancora Lafayette con un’entrata coraggiosa ed alzando moltissimo la parabola del suo sottomano/mezzo gancio per evitare la stoppata dei difensori reggiani.
Alla fine si vede che la partita ormai non ha più niente da dire, e l’ultimo minuto è senza troppi pensieri.
Vince la Virtus 85-75, centra la qualificazione alla Coppa Italia (complice la sconfitta di Trento contro la capolista Avellino) per la prima volta dopo 6 anni: era il febbraio 2012, ci chiamavamo Virtus Canadian Solar e quella volta ci entrammo da 5° ed in squadra avevamo Kopponen, Poeta, Angelo Gigli, Sanikidze, Chris Douglas-Roberts.
Insomma, sembra veramente una vita fa, era tutta un’altra Virtus: per dare un’idea, era l’anno dell’ultimo lock-out NBA, in panca avevamo Alessandro Finelli (direi di concludere qui, forse è meglio…)
Ora è tornato il momento di tornare, con tutta un’altra organizzazione societaria ed un progetto chiaro.
Ci entriamo comunque da 7°, con qualche rimpianto per dei punti lasciati per strada, ma con un’idea di fondo secondo me chiara: nessuno chiede dei risultati, ma solo che quando i giocatori scendono in campo con la canotta con sopra la V nera diano sempre tutto per onorarla. E siamo sicuri che con il nostro appoggio non mancheranno mai di farlo, e probabilmente la batosta di Avellino qualcosa ha lasciato dentro di loro.
Quindi a Firenze andiamo senza obbiettivi particolari, tranne quello di farsi valere. E quello che arriverà di più sarà tutto di guadagnato per questo gruppo, che lavora sempre per trovarsi sempre meglio e migliorare il proprio gioco. Però prima pensiamo alla prossima pensiamo alla prossima, in casa con Trento, che sicuramente vorrà riprendersi per non essere andata alla Final Eight.
Perciò sempre testa bassa e lavorare, e tra un mese…
TUTTI A FIRENZE!!! Forza Vrtus, sempre!
Giovanni Fornaciari