Questo articolo non vuole essere solamente una cronaca dell’incontro del week-end appena trascorso, in quanto penso sarebbe alquanto superficiale riportare solo i fatti o gli scores dei giocatori, invece che soffermarsi ad analizzare le ragioni che hanno condotto la Virtus alla sconfitta sul campo della finalista dei passati play-off scudetto, l’Aquila Trento.
Infatti, guardando semplicemente le statistiche non si capisce bene quanto successo realmente in campo, ed i fatti vanno contestualizzati in un quadro più ampio (almeno, secondo il mio modesto parere).
Partirei analizzando la condizione delle due squadre alla vigilia dell’incontro che, tra l’altro, è coinciso con il “battesimo” di questa nuova stagione di Serie A 2017/18.
Le due sfidanti, squadre decisamente diverse tra loro come composizione a livello di roster, e come vissuto della passata stagione: la Virtus, neo-promossa di rango (a cui il titolo appunto di neo-promossa calza stretto, visto le ambizioni ed il blasone, ma resta comunque la realtà dei fatti), che si ripresenta ai nastri di partenza della Serie A dopo una vincente cavalcata nella serie minore, con un’anima (sportiva e dirigenziale) completamente cambiata rispetto all’ultima stagione nella massima serie. Una sorta di fenice che ha saputo rinascere dalle proprie ceneri, ed in un anno riconquistare il proprio “habitat”.
Una squadra che ha voluto (giustamente) mantenere la continuità con la stagione precedente, confermando una buona parte di quei giocatori che la promozione se la sono conquistata, e che hanno creato un particolare feeling tra loro e con l’ambiente (società, staff, tifosi, ecc.), valore aggiunto al gruppo.
Ma anche una squadra costruita per “far bene” da subito, non solo quindi per reggere l’impatto della massima serie, ma anche per togliersi qualche soddisfazione nel corso della stagione.
E infatti sono arrivati dei nomi nuovi e di valore assoluto, come Pietro Aradori, Oliver Lafayette, Marcus Slaughter e pure Ale Gentile, talento del basket nostrano, che però negli ultimi 2 anni si è un po’ perso, ed ha bisogno di tornare ad essere quel giocatore temibile che era. Perciò grandi acquisti, ma anche grandi scommesse (tra cui inserisco anche coach Alessandro Ramagli, che dovrà gestire dei “cavalli di razza” questa stagione).
Una Virtus quindi ancora in divenire, vista l’assenza di un 4 titolare, che si è aspettato ad ingaggiare appunto per studiare sul campo l’andamento della squadra, e pensare dunque al profilo giusto da inserire nel gruppo. Infine, come ultimo punto sulla situazione della V in pre-campionato, va ricordato che uno dei perni offensivi della squadra, Aradori, è stato integrato al gruppo molto tardi, visto l’impegno agli Europei con la canotta azzurra della nazionale.
Una squadra ben formata e ben assemblata (sulla carta), ma ancora incompleta e che ancora si deve calibrare alla perfezione per funzionare senza intoppi.
I padroni di casa invece hanno un obbiettivo ed un trascorso dalla passata stagione totalmente differente: una finale scudetto raggiunta per la prima volta nella storia, battendo la “corazzata” Milano in semifinale, ed una corsa che li ha portati così vicina alla conquista del titolo (un vero e proprio sogno per una società cosi “giovane”), ma vista concludersi nella maniera più amara, con una sconfitta casalinga nel match decisivo. Trento è stata un po’ come “la debuttante” ai piani alti del nostro campionato, ma che non ha sfigurato affatto, anzi. Ha solo ceduto all’ultimo passo, colpa forse di una “maturità” ancora non completa.
Un roster modificato in parte, viste alcune partenze importanti (come quella di Krafth, play di grande valore), ma anche una campagna acquisti che ha fatto capire le ambizioni della squadra di coach Buscaglia.
Dunque la Dolomiti Energia Trento si presentava ai blocchi di partenza con un obbiettivo preciso: rimanere nell’élite del campionato, magari senza velleità concrete di scudetto, ma con la certezza dei propri mezzi.
Sfida molto interessante, sia per il valore dei singoli giocatori in campo, sia per la curiosità che aleggia attorno le due squadre. Ma quelle che si sono viste in campo, sono ancora “versioni beta” delle due compagini, viste le assenze importanti da entrambe le parti.
A Trento mancava il play titolare, Jorge Gutièrrez, innesto importante per la squadra, che si dividerà in cabina di regia con Toto Forray. Per le V nere invece le assenze erano, realmente, due: sia il 4 titolare, ancora da ricercare sul mercato, sia (e questa molto probabilmente è stata l’assenza più pesante) Stefano Gentile, che poco prima dell’inizio della partita ha accusato dolori all’inguine ed alla coscia destra, rimanendo in via precauzionale in panchina.
Proprio l’assenza di Stefano la ritengo determinante nel peso totale della partita.
Infatti, passando ad analizzare i fatti, la Virtus ha giocato una grandissima partita per 28 minuti, tenendo decisamente a bada Trento, e mostrando minuti di grande basket. Fase offensiva che ha mostrato azioni veramente ben eseguite, trovando tiri aperti e occasioni importanti. In difesa solidi, complice anche una partenza decisamente sotto tono di due dei principali fulcri della Dolomiti Energia: Sutton e Beto Gomes.
La Virtus gioca bene in attacco e tiene bene in difesa, con Lafayette ed Umeh che a volte fanno impazzire il portatore di palla avversario per la loro aggressività. Ma è proprio con la difesa forte che le V nere spendono gran parte delle loro energie fisiche, ma anche mentali.
Infatti, sul +18 bolognese, succede un vero e proprio mutamento della gara: le stelle di Trento si rivitalizzano, c’è un netto calo di forma e tenuta dei giocatori di coach Ramagli (colpevoli magari di aver creduto di aver già messo il risultato in tasca), scelte tattiche sbagliate da parte della V, ed anche un cambio della difesa trentina, orchestrato da coach Maurizio Buscaglia, passando ad una zona adattata che ha completamente bloccato la manovra della Virtus.
Uniamoci il fatto che il nostro play, Lafayette, aveva giocato tutti i minuti precedenti senza un vero e proprio cambio dalla panchina (il che comunque non vuole sollevare Lafayette dalle gravi responsabilità sulla miriade di palloni persi nell’ultimo quarto), ed anche qualche scelta testarda di Ale Gentile, che più di una volta ha cercato di risolverla da solo, senza successo, ed ecco che la Virtus subisce un parziale di 22 a 2, perdendo tutto il vantaggio accumulato in quasi tre quarti di gare, e finendo tramortita come un pugile che ha incassato un jab al mento.
Errori vari della Virtus sia in campo, sia in panchina (lasciare tanto tempo Umeh in panchina, dopo che stava viaggiando con un 4/5 da 3pt. è stato, a mio avviso, una scelta sbagliata di coach Ramagli).
Poi sono arrivati gli ultimi 60 secondi, dove la partita era ancora in bilico, con i padroni di casa avanti anche solo di 1, ma con l’inerzia ormai totalmente in mani trentine. Un paio di fischi della terna arbitrale decisamente rivedibili (e che non mi si venga a parlare di nuovo regolamento, perché gli errori dei commissari di gara sono stati di valutazione e, soprattutto, di tempistica nelle fischiate) ma che alla fine non possono essere usati come scusante per la sconfitta.
Fa male perdere così, dopo essere stati davanti per la maggior parte della partita, e poi perdere “il lume” nel finale (come spesso è successo anche in pre-campionato) e farsi recuperare. Ma non è assolutamente una sconfitta per la quale stracciarsi le vesti o fasciarsi prematuramente la testa, anzi. Questa sconfitta può servire allo staff ed ai giocatori per capire cosa andare a migliorare, come e quando intervenire nei finali di gare, ed eventualmente quale giocatore aggiungere per non rischiare di arrivare stanchi in fondo (a Trento la Virtus ha portato solo 8 giocatori in rotazione, viste le assenze).
Detto ciò, mai scoraggiarsi, imparare dai propri errori, e mettere sempre grinta in ogni partita, chiunque sia l’avversari che si andrà ad affrontare. Testa quindi a Domenica prossima, 8 ottobre, con il primo impegno casalingo della stagione contro Capo d’Orlando. Finalmente si torna “a casa”.
Sempre forza Virtus.
Giovanni Fornaciari